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Arte e cultura
Il panorama artistico e culturale di Gradisca d’Isonzo è scandito dalle tappe salienti delle vicende storiche che si sono susseguite sul suo territorio, e l’influenza della condizione militare sull’immagine della città, pur essendosi via-via alleggerita, ha determinato il mantenimento di alcune delle connotazioni originarie.

Sorta nel 15° secolo per volere dei Veneziani, come roccaforte per contrastare le incursioni turche provenienti da est, Gradisca fu concepita e costruita come borgo fortificato, racchiuso da una cinta muraria.
La funzione militare aveva imposto la realizzazione di un impianto urbano regolare, simile ad un accampamento, caratterizzato da isolati compatti.
I larghi assi viari paralleli, intersecati ortogonalmente da strette calli, che tuttora costituiscono l’ordinata tessitura del centro storico, dovevano facilitare le manovre e gli spostamenti delle truppe. Inoltre, le abitazioni destinate ad accogliere i soldati rispondevano ad un preciso modulo abitativo e dovevano possedere uno spazio adeguato per accogliere i cavalli.

Nel suo complesso, intorno all’anno 1500, la fortezza era costituita da una cinta muraria che si sviluppava per circa 1.800 metri ed aveva la forma di un poligono irregolare, con un vertice rivolto verso il fiume Isonzo. Le cortine si alzavano per una ventina di metri rispetto al fossato ed erano raccordate a sette torri circolari, mentre l’accesso era garantito dalla Porta Nuova e da quella meridionale, o Porta d'Italia.

Del Quattrocento veneto, perduta l’edilizia civile, rimangono, pur se con alterazioni più o meno importanti, la Casa dei Provveditori, Palazzo Coassini, già Palazzo del Fisco, e la chiesa della Beata Vergine Addolorata.

Con il passaggio di mano agli Asburgo, che la conquistarono nel settembre del 1511, Gradisca fu interessata da molti cambiamenti, ma la sua funzione strategico-militare, ormai rivolta a salvaguardia del confine con lo Stato veneto, rimase invariata, anzi, fu addirittura potenziata.
Inizialmente, la rocca situata sulla sommità del Collisello, vicino al fiume, già sede del comando militare e dell'arsenale veneto, fu fortificata con una robusta cinta, che contribuì ad isolare il complesso di opere dal resto della cittadella.

Successivamente, la ex-rocca veneta lasciò il posto al Palazzo del Capitano, una costruzione massiccia, caratterizzata da quattro torri angolari e destinata ad ospitare il comando militare, mentre, addossato al lato meridionale, fu edificato l’arsenale.
Nel 16° secolo prese forma Palazzo Strassoldo, le cui linee architettoniche, severe e compatte, rappresentarono un modello per gli edifici nobiliari costruiti a Gradisca tra il 1650 ed il 1750.
Nel 1647, la Casa d’Austria, indebolita economicamente dalle Guerre dei Trent’anni, cedette la fortezza al principe di Eggenberg, e, da quel momento, iniziò il periodo d’oro di Gradisca.
Sotto il governo della famiglia stiriana, la fortezza conobbe un importante sviluppo civile ed economico e si trasformò anche l’aspetto edilizio, che ammorbidì l’originaria connotazione di borgo fortificato, assumendo sempre più le caratteristiche di cittadella residenziale e signorile.

Così, tra il 1650 ed il 1750 sorsero le numerose residenze nobiliari che ancora oggi caratterizzano il centro storico cittadino, come Palazzo de' Comelli-Stuckenfeld, Casa de' Portis, Casa de' Salamanca, Casa Wassermann. E ancora, Casa de' Brumatti, Casa Spangher, Casa Ciotti, edifici compatti, ispirati al tardomanierismo e al barocco veneziano e tutti caratterizzati, in facciata, da bei portali rustici.

Accanto alle residenze nobiliari, durante il capitanato di Francesco Ulderico della Torre (1656-95) sorsero edifici pubblici come la Loggia dei Mercanti, caratterizzata, al piano terra, da tre archi bugnati, e il Monte di Pietà, sulla cui facciata, entro una nicchia, è collocato un gruppo scultoreo raffigurante una Pietà di gusto barocco. All’interno del palazzo è posta una scultura che ritrae proprio il capitano Francesco Ulderico della Torre. L’opera è considerata, da autorevoli esperti, come una delle sculture più interessanti del Goriziano.

Il della Torre si occupò anche della sistemazione della residenza della sua famiglia, Palazzo Torriani, che divenne il luogo in cui si svolgevano i ricevimenti dell’aristocrazia gradiscana.
Il complesso, di concezione palladiana, è, in realtà, il risultato di varie fasi edificatorie che, a partire dall'inizio del 1600, si sono protratte fino al 1725.
La sua composizione, articolata in corpo centrale ed ali laterali simmetriche, richiama la tipologia della villa suburbana, dove i caratteri dell’edificio compatto dell’urbe si fondono con quelli della dimora di campagna.

Il complesso, ora sede municipale, ospita, tra l’altro, la Galleria di Arte Contemporanea Spazzapan ed il Civico Museo di storia documentaria della città.
La Galleria dedica una parte dello spazio espositivo all’artista gradiscano Luigi Spazzapan, mentre una sezione è riservata alle mostre di artisti, attivi nell’ambito dell’arte contemporanea.
Il Museo Civico raccoglie le testimonianze che ripercorrono la storia di Gradisca e custodisce anche alcune tele di autori ignoti, nonché lacerti di affresco provenienti dal Duomo gradiscano, come la “Gloria di angeli”, attribuita al pittore comasco Giulio Quaglio.
Alla metà del 17° secolo risale anche Casa Toscani, il cui cortile interno, dove prospetta un doppio loggiato, riconduce ad un tipo di architettura adottata nelle regioni della Carinzia e della Stiria.
Dello stesso periodo è Palazzo de Fin-Patuna, edificio di impronta barocca, che presenta anche elementi di gusto rococò.
Con la definitiva caduta della Serenissima e con l'estensione dell'Impero asburgico a buona parte dell'Italia settentrionale, decadde anche la storica funzione strategica di Gradisca, tanto che, nel 1863, fu abbattuto il tratto occidentale della cinta muraria, liberando l’immagine della città dall’ossessione militare.
A seguito della demolizione, si rese disponibile un'estesa superficie, ma, in conformità ai vincoli imposti dal governo austriaco, l'area, denominata "Spianata", fu destinata “al riordinamento in campi e giardini”.

Il nuovo spazio divenne via-via il centro della vita sociale cittadina, grazie anche alla nascita dei caffé, sorti ai margini di questo straordinario polmone verde, ed esercitò progressivamente una forte attrazione verso i forestieri.
Fra le aiuole di Piazza Unità d’Italia, di rilievo, è la colonna con il Leone di San Marco, la cui immagine, stagliata contro la facciata del teatro, è stata più volte utilizzata a rappresentare l’iconografia stessa della città. Si tratta, in realtà, del monumento alla Redenzione di Gradisca, inaugurato nel 1924, opera di Giovanni Battista Novelli, artista autoctono, al cui raffinato scalpello si devono, fra l’altro, il busto di Leonardo da Vinci e quello dedicato al garibaldino e concittadino Marziano Ciotti.

Per quanto riguarda gli edifici religiosi ed il patrimonio artistico di carattere sacro, oltre ad alcune cappelle ed ancone presenti sul territorio, si devono ricordare la chiesa della Beata Vergine Addolorata, con una severa facciata lapidea di stile tardo-gotico, la chiesa di Santo Spirito, riedificata nel 1849, ed il Duomo dedicato ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, caratterizzato da un bella facciata barocca che, nella sua tripartizione, segue la suddivisione interna a tre navate. L’edificio incorpora la cappella di Sant’Anna, il cui soffitto è decorato con eleganti stucchi della fine del Seicento. Nella cappella, nota anche come Torriana, è posto il monumentale sepolcro di Nicolò II della Torre, considerato il “gioiello più prezioso e originale del duomo”.

[testi di Orianna Furlan]